Intervista ad Alan Alpenfelt

Un processo raccontato in cuffia

“Il processo per l’ombra dell’asino” di Friedrich Dürrenmatt, rappresentato in gennaio al Teatro Foce di Lugano, a cura della compagnia V XX ZWEETZ e in collaborazione con Teatro d’Emergenza, ha visto come protagonisti non solo gli attori, ma anche il pubblico.

Da dove nasce l’idea di uno spettacolo in cuffia, improntato più sulla modulazione della voce degli attori che sul senso della vista, a cui principalmente ci affidiamo, è nato dalle tue diverse esperienze con la radio, tra cui anche Radio Gwen?

Sono attratto dall’arte che permette al fruitore di crearsi un proprio percorso attraverso l’immaginazione. Il suono e la poesia sono caratterizzati da una umiltà e una velatura: sanno sussurrare invece di gridare, accarezzare invece di colpire. Il viaggio attraverso la creazione di progetti radiofonici, sia artistici che sociali, mi ha aiutato a studiare quali elementi estetici potessero permettere delle reazioni di meraviglia e creare una drammaturgia che portasse il pubblico a immergersi in un’esperienza piuttosto che in una comunicazione unidirezionale.

Quali sono stati gli espedienti ai quali siete ricorsi per riuscire a rendere al massimo quest’esperienza sensoriale che si può definire a dir poco unica?

Abbiamo pensato di presentare al pubblico una serie di codici che lo aiutasse a sprigionare la loro immaginazione. Per esempio rappresentando le scene in uno stato di costante penombra e illuminando solo il necessario. Le cuffie e il suono tridimensionale invece era, oltre che un divertente meccanismo di offrire un’esperienza immersiva, un trucco drammaturgico per rendere il pubblico non solo spettatore ma anche complice: entrando nella storia, il pubblico diventa parte della polis di Abdera, costituendo la massa inferocita che cerca il colpevole da punire (l’asino).

Perché l’aver scelto di portare sul palco proprio “Il processo per l’ombra dell’asino” di Friedrich Dürrenmatt, che mette in luce tematiche di natura politica ed etica ancora attuali?

Quando lo stavamo producendo, gli Stati Uniti erano chiamati a votare per la Clinton o per Trump. Possiamo osservare ogni giorno notizie di fazioni che vengono create per sostenere e difendere ideali, regole, leggi, nazioni, confini, convinzioni. Quasi sempre (o sempre…?) ci battiamo per cose che non esistono. Anche una legge non esiste. Eppure si ammazza per sostenere l’esistenza di un’ombra di un asino. Come dice il giudice Filippide: “la stupidità umana, è roba da piangere”.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Il 9 maggio pubblicherò il primo disco della mia neo-etichetta Human Kind Records, che tratta di poesia sonora. L’apertura si terrà a Londra, al Cafe Oto. Per chi fosse interessato i due link sottostanti rinviano alle pagine: www.vxxzweetz.com, www.humankindrecords.com.

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, aprile 2018.

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