DA ZURIGO. Le impronte della lingua

La retorica è il perno attorno al quale gira la politica, ma la lingua è politicamente corretta? A partire dalle arringhe degli antichi, la lingua viene sfruttata non solo per dire, ma anche per omettere, accennare, ostentare. Ovviamente non si tratta solo di concetti, ma anche di espedienti formali, strategie, argomentazione che portano a suggerire una certa interpretazione, presentare un certo punto di vista. E talvolta può essere inopportuno non solo dire troppo poco, ma anche dire troppo.

In linguistica il genere, maschile o femminile, ha un’espressione particolare: vi sono delle parole che di default appartengono al genere maschile, come nel caso di barone o avvocato. Per avere l’equivalente al femminile bisogna aggiungere un suffisso, come nel caso di baronessa, e quindi il femminile risulta essere più marcato, meno basilare e meno naturale, più lungo da pronunciare. Dall’altra parte, nel caso di parole come avvocato o medico, ci si trova sempre di fronte a un dilemma: quale è la corretta forma al femminile?

Se si fa invece un confronto con il tedesco, il femminile spesso viene espresso in maniera regolare Lehrer, Lehrerin, con il suffisso. In tedesco però vi è anche un terzo tipo di genere, il neutro, che normalmente viene impiegato per parole importate da altre lingue, aggettivi, verbi, avverbi e preposizioni. Interessante da notare è la parola das Mädchen, la ragazza, che codifica un sostantivo con referente evidentemente femminile con il neutro.

Volendo utilizzare la lingua per essere politicamente corretto, talvolta si può risultare piuttosto politicamente scorretto.

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, gennaio 2020.

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