Les Ballets Jazz de Montréal presentano «Dance Me»

Lo spettacolo di danza contemporanea conquista il palco del LAC: rievoca in retrospettiva il lavoro di Leonard Cohen

«It sounded like the truth / but it is not the truth today» afferma Cohen, poeta e compositore. In questo modo l’intero spettacolo «Dance Me» si fonda sulle sue opere, e lui stesso lo avrebbe approvato. Tenutosi nella sala teatro del LAC domenica 13 gennaio, lo spettacolo mette in luce i «cicli dell’esistenza». Alcuni elementi essenziali hanno accompagnato la danza e i movimenti sinuosi lungo lo svolgersi delle coreografie: ad esempio i fari luminosi, dietro i 14 ballerini, che a tratti li hanno resi ombre che si stagliano dallo sfondo della scena, ritagliandosi un proprio volume. O ancora lunghi bastoni di metallo, appoggio e barriera allo stesso tempo, che disegnano per frazioni di secondo rettilinei e diagonali, andando a creare forme geometriche con i corpi. Si parla di amore e solitudine, di riso e pianto nei testi di Cohen: così si alterna luce e pioggia, il rosso e il blu di corpi che cadono, proiettati sul fondo. I movimenti, coreografati da Andonis Foniadakis, Annabelle Lopez Ochoa e Ihsan Rustem, seguono e rompono il ritmo della musica, osando spezzare gli schemi disegnati poco prima, per ricostruire un nuovo tipo di gravità, elettrica. La stessa sequenza è interpretata in maniera diversa dagli artisti, che lasciano una loro traccia nella variazione. L’aspettativa dello spettatore viene rilevata, dando ad intendere una possibile direzione, per poi frantumare il vetro dell’illusione, puntare i riflettori sulle ombre. Sotto una pioggia simulata qualcuno, dieci, tutti, camminano su delle strisce pedonali luminose, attraversando la strada, il cappello in testa. «Questa non è la verità oggi»: si scava dentro le parole di una macchina per scrivere, dettate da una coreografia di gambe e cantato da una bocca rossa in stile pop, mostrata sullo schermo di piccole scatole bianche. Lo spettacolo ha colto il senso essenziale di un sentire postmoderno: mette il dito sui centri di significato e li rende tali, li interpreta, li costruisce e li cambia, in un perpetuo movimento che prende il suo soffio vitale dai testi di Cohen. Spingendosi più in là, osa riconoscere l’antinomia che muove la danza e la continua, rendendola armonia, ponendo in equilibrio anche il pubblico in un gioco continuo.

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, gennaio 2019.

Lascia un commento