DA ZURIGO. Lo sguardo dietro il palco

Grandi preparativi, si direbbe, per chi annualmente aspetta la kermesse del tutto è permesso. Da una parte, la scelta di un costume non banale, annualmente diverso, singolare, che segua o lanci la nuova tendenza. Dopo i capi di simil-belva, adesso la plastica, gonfia o trasparente, prende spazio tra i tendoni adibiti per l’occasione. Dall’altra parte, chi rende possibile il la che da inizio alle danze, chi lo concretizza. Questi ultimi sono coloro che spesso, nascosti dietro le quinte, mirano l’entusiasmo del movimento generale, orchestrato e organizzato nei lunghi mesi precedenti. La sala, le decorazioni, la musica; gli invitati da ultimo rimangono il vero cuore pulsante di questa manifestazione. In questi casi però non si sceglie: tutti, nessuno escluso, è re della festa, come lo vuole la tradizione. A ognuno il diritto, per qualche istante, di sprofondare sul trono, non quello di spade, ma di altri, bere dal calice proibito di parole autorevoli, assaporare la leggerezza di un intellettuale, di un artista, di un condannato a morte. Rivestire i panni di un politico, di un attore, di un semplice passante seduto in sala concerto. A tutti la possibilità di essere chiunque, e attribuirsi gioie e dolori del kairòs di un’esistenza, il soffio di vento che ci riporti in un tendone di musica. Momento, perché no, una volta all’anno, per poter cancellare, obliare la vita, per annullare ogni ricordo, progetto futuro, scadenza troppo vicina. Così turbinare in un grande mare, aspettando l’alba e indugiando ancora, negli occhi di chi non vediamo più, ma che già siamo stati.

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, febbraio 2019.

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